Lorenzo Bruni intervista Carmelo Nicotra

Lorenzo Bruni intervista Carmelo Nicotra
28 Dicembre 2018 Claudio Cocuzza

Lorenzo Bruni: Vorrei che parlassi della questione che attraversa la tua pratica legata alla trasformazione dell’oggetto del quotidiano o dell’oggetto minimalista… molti oggetti possono rimandare ad animali immaginari come se volessi comporre un nuovo bestiario,  riattivando però gli oggetti della memoria collettiva oramai apparentemente inservibili in un mondo digitale.
Carmelo Nicotra: Non ho mai voluto insistere sull’umanizzazione delle geometrie, la sento lontana. La mia questione per questo ultimo lavoro è anche più leggera, se vogliamo, rispetto ai mattoni che sono più irruenti. ‘Leggera’ nel senso che parla di forme come orpelli, decori, fasti architettonici che esaspero nel volume appoggiato su un oggetto d’interno rassicurante e graziato. E c’è di base una critica sull’estetica edilizia e sul concetto di bello in questa forma di architettura spontanea. Critica che è allo stesso tempo ammirazione e ispirazione per me, perché da queste ibridazioni edilizie spontanee ne resto affascinato. Questo credo sia un nocciolo importante…

LB: Come è nata l’esigenza di una nuova pulizia geometrica utilizzando l’intonaco che ti ha portato a realizzare le tre nuove sculture minimaliste rispetto a quelle precedenti più “brutali” con il cemento e i mattoni a vista?
CN: I mattoni a vista e l’intonaco sono due elementi presenti nelle architetture cui faccio riferimento, quindi mi interessa appropriarmi di questi materiali e renderli componenti stesse nei miei lavori.
Nei precedenti lavori con i mattoni a vista c’è appunto più brutalità e una dichiarata denuncia alla comune pratica di lasciare incompiuti gli edifici, molto presenti nel nostro paesaggio siciliano.
Il passaggio che mi ha portato ad arrivare a questi ultimi lavori invece si può rintracciare in una serie di collage che ho realizzato con foto di un catalogo di mobili degli anni ’90 assemblati con della carta colorata, che rimanda ai colori pastello delle pareti interne di edifici anni ’50 e ’60, che una volta crollati mostrano le impronte delle proprie pareti o dei pezzi di muri sospesi. Gli stessi colori e forme che oggi ho trasposto in sculture presenti in quest’ultima mostra.

LB: Quanto influisce nella tua ricerca la scelta di continuare a vivere e lavorare in Sicilia?
CN: La scelta di vivere in Sicilia è stata fondamentale per la mia ricerca, lo è stata per le mie esperienze e la cultura che ho vissuto in passato nella mia infanzia. Crescendo in un paese ho sempre avuto un forte attaccamento alla cultura locale, agli usi e ai costumi, che rivedevo poi descritti in forma intellettuale nelle opere letterarie di Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia e Ignazio Buttitta. Negli anni, gli interessi e la formazione che ho avuto sono ovviamente continuate a essere più forti e con una maggiore consapevolezza rispetto a una serie di questioni politiche, sociali e culturali che mi circondano quotidianamente, per cui di conseguenza sono entrate prepotentemente nel mio lavoro.

LB: Le tue opere possono essere definite sia come “arte relazionale” e di indagine sullo spazio urbano e sociale, ma anche in quanto legate alla riflessione sulle forme geometriche pure e sugli “strumenti concettuali” che l’arte si auto-fornisce di volta in volta. Come possono convivere questi due aspetti che nel corso del secolo passato sono sempre stati paralleli e indipendenti?
CN: Sono due aspetti che sento allo stesso modo e quindi è stato quasi spontaneo farli convivere entrambi nei miei lavori. Fanno parte della mia natura di artista, possiamo rintracciarli nei miei interessi per determinati linguaggi storici artistici e teorie concettuali sulla forma da un lato, e nel contesto sociale e urbano che ho vissuto dall’altro.
Mi interessa prendere delle linee e delle forme che vedo presenti in un’architettura che arriva dal “basso”, definita spontanea, fatta da non architetti che inventano costruzioni basate su stereotipi e immaginazioni, uniche nel suo genere, sfidando regole estetiche di stile, di staticità, così come quelle – a volte – legali. Trovo affascinante pensare che nella loro quasi totale inconsapevolezza ricalchino quelle che sono degli ordini puri nella percezione della forma dell’arte e dell’architettura.

LB: Come si è manifestata questa attitudine particolare a far convivere riflessione sociale e analisi sull’opera nelle tue opere precedenti alla mostra di Catania?
CN: È una continua indagine sui luoghi, sul concetto di abitare, memoria, architettura, ma anche di una cultura sociale che sta dietro a determinate scelte “stilistiche”, sia passate che attuali, che hanno sviluppato un preciso paesaggio urbano.
Nei lavori passati credo ci sia stato un’attitudine più al processo e all’indagine quasi documentaristica, ad esempio la mostra personale che ho fatto nel 2012 da Zelle a Palermo aveva come titolo le coordinate geografiche di Favara. Ho presentato una serie di lavori frutto di un percorso che ho fatto fisicamente all’interno del centro storico di Favara, ad esempio, ho raccolto dei frammenti di abitazioni crollate, ho realizzato un video che mostrava lo stato di quelle case e ho redatto con l’ufficio tecnico del comune un elenco degli edifici demoliti in quell’anno. Una volta immagazzinati una serie di dati la ricerca negli anni ha avuto un’evoluzione più visionaria, fino a quest’ultime opere presentate a Catania.

LB: Con la mostra al BOCS è presente un’idea inedita di opera relazionale che propone un approccio più intimo e interiorizzato con il sociale. Penso all’oggetto della colonna che il pubblico può spostare nello spazio o del disegno delle scale realizzato in carta da affissioni bianca e appeso a parete…Come nascono queste opere? Che significato hanno nel tuo percorso?
CN: Sono dei nuovi interventi che ho appunto sviluppato per lo spazio del BOCS, che è un contenitore “insolito” rispetto a un classico white cube. I segni presenti nelle pareti in cemento e il concepire una mostra nel senso totale dello spazio mi hanno permesso di giocare e spingere maggiormente nel voler accogliere degli elementi di “disturbo”, che nello stesso tempo si integrano e ci accolgono nello spazio.

 

Photo by Neroshootings

 

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Vi ricordiamo che la mostra personale di Carmelo Nicotra sarà visibile al BOCS fino al 24 gennaio 2019.

Qui tutte le info.

Art director, bike maker rigorosamente in acciaio, ciclista della domenica. Founder di + ADD DESIGN oltre che di BOCS, CONTEMPORANEO low cost art gallery e Scuola FuoriNorma.